17 LUGLIO DOMENICA FESTA DEL PIEMONTE 1747
(COLLE DELL’ASSIETTA – TO)
MUSICHE E DANZE STORICHE DAL PIEMONTE
CON IJ DANSEUR DËL PILON
NELLA SUGGESTIVA CORNICE DEL COLLE DELL’ASSIETTA
con musiche, canti e danze della nostra tradizione popolare
PIANORO DEL COLLE DELL’ASSIETTA
Val di Susa – Val Chisone
un imperdibile appuntamento dedicato al Piemonte con le danze della tradizione piemontese.
Il gruppo folkloristico ij Danseur dël Pilon con i loro costumi, gli strumenti tradizionali, i canti e le danze popolari del nostro Piemonte nell’ambito dei festeggiamenti per la Vittoria delle Truppe piemontesi, alleate con quelle austriache, contro le Truppe francesi avvenuta il 19 luglio 1747.
La battaglia dell’Assietta, conosciuta anche come bataja dl’Assiëtta in piemontese e bataille du col de l’Assiette in francese, fu combattuta il 19 luglio 1747 sulla cresta tra la Val Chisone e la Val di Susa (Piemonte), fu un significativo episodio della Guerra di Successione Austriaca, conflitto che sconvolse l’Europa della metà del Settecento.
La battaglia dell’Assietta.
I francesi erano forti di 32 battaglioni, contro i 13 austro-sardi, dei quali dieci impegnati effettivamente in combattimento. La colonna di destra, al comando del Maresciallo Villemur, con 14 battaglioni doveva attaccare il Grand Serin e proseguì la marcia per portarsi a distanza d’assalto; la colonna di sinistra del generale Mailly, forte di 9 battaglioni, doveva attaccare i trinceramenti di Riobacon e del pianoro del colle; quella centrale, agli ordini del Maresciallo d’Arnault, con 8 battaglioni su due sottocolonne, doveva attaccare la ridotta della Testa dell’Assietta. Verso le 16,30 il Bellisle, sicuro della vittoria,[2] dette l’ordine d’attacco che iniziò con grande vigore in ogni settore. La tattica impiegata dai francesi si dimostrò del tutto fallimentare. Le colonne d’assalto, impossibilitate a sviluppare tutta la loro potenza di fuoco, furono decimate dal tiro dei difensori. La ridotta della testa dell’Assietta, una tenaglia collegata con le retrostanti posizioni, era continuamente rifornita alla gola e si dimostrò subito un ostacolo troppo difficile per poter essere superato. A peggiorare la situazione gli ufficiali francesi, posti alla testa della colonna per guidare l’assalto, furono decimati dal fuoco dei difensori. Il Bellisle, visto che i suoi soldati non riuscivano ad infrangere la resistenza delle truppe sabaude, strappò la bandiera dalle mani di un proprio alfiere e si lanciò all’ennesimo assalto, sperando con questo esempio di trascinare i suoi: quest’impresa, però, gli fu fatale. Venne infatti ferito con un colpo di baionetta da un soldato piemontese e subito dopo ucciso dalla pallottola di un tiratore piemontese.
Lo stesso avvenne per la colonna del de Mailly, che venne falcidiata dal tiro dei difensori e non ebbe la possibilità di sviluppare un fuoco di ritorsione efficace per aprirsi un varco nelle difese. Solo al Gran Serin il Villemur fu in grado, grazie alla sommità più ampia della montagna, di far aprire i propri battaglioni per sviluppare il proprio fuoco. Tuttavia doveva combattere contro alcune delle migliori truppe sabaude disponibili sul campo di battaglia protette da fortificazioni campali. Ciò nonostante il generale Bricherasio interpretò la situazione come un pericolo imminente e decise di rinforzare la posizione del Gran Serin. Tutti i battaglioni della riserva furono inviati di rinforzo ai battaglioni svizzeri impegnati in battaglia.
Chiese quindi al Conte di San Sebastiano (Paolo Federico Novarina, figlio di primo letto di quella Marchesa di Spigno sposata morganaticamente da Vittorio Amedeo prima dell’abdicazione), che comandava la ridotta più avanzata alla Testa dell’Assietta, di lasciare la sua postazione e di ritirarsi con i suoi soldati verso il Gran Serin. Secondo la leggenda,[3] il Conte di San Sebastiano non obbedì all’ordine e resistette con i suoi eroicamente sul pianoro, decretando la vittoria. Dopo cinque ore di battaglia, tutti gli attacchi francesi furono respinti e agli attaccanti non restò che ritirarsi sconfitti. La frase con cui espresse il suo rifiuto è all’origine del soprannome bogia nen attribuito inizialmente ai soldati sabaudi e poi all’intero popolo piemontese.
Il 22 luglio un proclama del re Carlo Emanuele III di Savoia invita i sudditi a ringraziare Dio per aver consentito ai soldati piemontesi di respingere:
«Li nemici che in numero molto superiore erano venuti ad attaccare con gran impeto li nostri trinceramenti del colle della Sieta al di sopra d’Exilles con li avere li medesimi persi sei stendardi, lo stesso generale che li comandava, molti ufficiali di primo grado e da cinque o seimila uomini tra morti e feriti e prigionieri»
INGRESSO GRATUITO
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